Le 5 verità nascoste sulla CAA

Ancora molte persone non conoscono il potere della Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA). I benefici di questa pratica clinica ed educativa sono molteplici: ne ho citati alcuni nell’articolo di gennaio “Chi beneficia della CAA?”.

Ma dopo aver spiegato “Cos’è la CAA” e introdotto “ISAAC” insieme alle ragioni che mi hanno portata a intraprendere un’attività come indipendente, mi sembra essenziale dedicarmi a un aspetto fondamentale: spiegare come funziona la CAA.

Ho cercato di riassumere la CAA in 5 verità essenziali, che permettono a chiunque di avvicinarsi al mondo della Comunicazione Aumentativa Alternativa.

1. La CAA non è un approccio solitario

Non può esistere un progetto di CAA senza una rete solida e unita. La persona interessata è il fulcro, ma è altrettanto essenziale il coinvolgimento dei familiari e dei professionisti che ruotano attorno. Parenti, amici, colleghi e figure professionali come medici o logopedisti portano competenze e supporto indispensabili per costruire un progetto su misura.

È importante ricordare che il ruolo dello specialista in CAA non sostituisce altre figure professionali, ma agisce come un alleato prezioso per garantire un approccio a 360 gradi.

2. La CAA non è solo uno strumento

“Avere un dispositivo di comunicazione non ti rende un comunicatore efficace più di quanto avere un pianoforte ti renda un musicista.”— Beukelman, 1991

La seconda verità è che la CAA non si riduce allo strumento: non basta uno strumento per diventare comunicatori efficaci. La CAA è un sistema multimodale, dove si utilizzano diverse strategie per affrontare ogni esigenza di comunicazione. Ogni persona ha bisogni comunicativi specifici e mutevoli, a seconda del contesto e delle relazioni. Non esiste una soluzione universale: è l’insieme degli strumenti e delle strategie, utilizzati in modo creativo, a fare la differenza.

3. La CAA non è improvvisazione

Ogni progetto di CAA segue un iter preciso e strutturato:

  • Incontro conoscitivo: la persona interessata è al centro. Durante questo primo incontro si valutano le esigenze e si decide insieme se intraprendere il percorso.
  • Raccolta informazioni: è fondamentale comprendere i vari contesti di vita della persona, raccogliendo dati sui suoi bisogni, sulle barriere e sui punti di forza.
  • Implementazione: sulla base delle informazioni raccolte si iniziano a proporre strategie e strumenti.
  • Monitoraggio: le strategie vengono applicate, valutate e, se necessario, adattate nel tempo.
  • Supporto continuo: la CAA si adatta agli eventuali cambiamenti nei bisogni comunicativi della persona, accompagnandola nel tempo.

4. La CAA non è innata

Utilizzare strumenti e strategie di CAA è come imparare a guidare: all’inizio ci si sente incerti, ma con il tempo e la pratica tutto diventa più naturale. È importante dare il tempo necessario sia alla persona interessata sia a chi la circonda per prendere confidenza con gli strumenti.

Proprio per questo motivo, spesso si organizzano momenti di formazione anche per i partner comunicativi. Questi incontri non solo migliorano le competenze, ma offrono anche un’opportunità per costruire consapevolezza e fiducia reciproca.

5. La CAA non è privilegio

L’esperienza insegna che troppo spesso l’accesso alla CAA dipende dalla fortuna di incontrare il giusto operatore, medico o infermiere. Questo non dovrebbe accadere. La CAA deve essere una questione di consapevolezza e competenze, non una questione di fortuna

La comunicazione è un diritto fondamentale, non un privilegio. 💛

Questa è la verità che più mi sta a cuore, perché credo fermamente che ogni persona meriti di comunicare in ogni modo possibile, indipendentemente dalle circostanze. 

E voi? C’è una (non) verità che vi ha fatto cambiare prospettiva sulla CAA? 


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